Con la diffusione della tecnologia blockchain e la nascita degli smart contract, si è affermata l’idea, tanto affascinante quanto provocatoria, di un “contratto senza avvocato”. Ma è davvero possibile sostituire l’intermediazione giuridica con un codice informatico? Questo articolo affronta il tema alla luce di una riflessione congiunta tra diritto e ingegneria, evidenziando opportunità, limiti e fraintendimenti attorno agli smart contract.
1. Che cos’è davvero uno smart contract?
Dal punto di vista tecnico, uno smart contract è un protocollo informatico che esegue automaticamente obbligazioni al verificarsi di condizioni preimpostate. Sfrutta la tecnologia blockchain per garantire integrità, trasparenza e immutabilità dell’esecuzione. Gli smart contract sono comunemente utilizzati per transazioni finanziarie, gestione di token, supply chain e app decentralizzate (dApp).
Tuttavia, dal punto di vista giuridico, il termine "contratto" crea ambiguità: non ogni smart contract è un contratto in senso giuridico, così come non ogni contratto giuridico può essere interamente codificato in forma automatica.
2. Validità e riconoscibilità giuridica
Nel diritto civile italiano (art. 1321 c.c.), il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale. Affinché uno smart contract possa avere rilevanza giuridica, devono sussistere gli elementi essenziali: accordo, causa, oggetto e forma (se richiesta). Uno smart contract privo di accordo consapevole tra le parti rimane un semplice automatismo tecnico. Il codice esegue, ma non interpreta; non può valutare buona fede, sopravvenienze, o clausole ambigue. Inoltre, mancano spesso strumenti per la risoluzione delle controversie, tipici invece del diritto contrattuale.
Nel contesto europeo, l’EU Blockchain Observatory and Forum e alcune autorità nazionali (come l’AGID in Italia) stanno sviluppando raccomandazioni per una integrazione armonica tra smart contract e ordinamento giuridico. Alcuni ordinamenti, come lo Stato del Vermont (USA) o Malta, hanno introdotto riconoscimenti espliciti alla validità degli smart contract.
3. Il ruolo (non eliminabile) dell’avvocato
L’idea che gli smart contract possano sostituire gli avvocati si fonda su una visione riduzionista del diritto. In realtà, la programmazione non elimina l’esigenza di progettazione contrattuale, anzi la rende ancora più delicata: una clausola mal interpretata in linguaggio naturale può essere negoziata o rinegoziata; una clausola codificata male viene eseguita automaticamente, senza margini. È proprio qui che emerge l’importanza di una nuova figura professionale ibrida: il tech lawyer o legal engineer, capace di collaborare con sviluppatori informatici e garantire che i codici riflettano fedelmente l’intento giuridico delle parti.
L'avvocato non sparisce, ma evolve: da interprete del diritto a progettista di soluzioni giuridico-tecnologiche.
4. Oltre il contratto: la governance delle piattaforme
Gli smart contract sono solo un tassello di un ecosistema più ampio, quello delle piattaforme decentralizzate (DeFi, DAO, NFT marketplace). In tali contesti, la governance del codice assume un peso rilevante, spesso in assenza di un’autorità centrale.
Chi controlla l’aggiornamento del codice? Come si gestisce un errore o un attacco informatico? Gli episodi come The DAO hack (2016) hanno mostrato come, in caso di bug o exploit, la catena "immutabile" possa essere forzatamente modificata, rimettendo in discussione le promesse di infallibilità automatica. Serve allora un framework normativo agile, capace di affiancare il principio code is law con il principio law shapes code.
In definitiva, gli smart contract non eliminano il diritto, lo riprogettano in chiave algoritmica. Non sostituiscono l’avvocato, ne richiedono uno nuovo: capace di parlare con i programmatori, comprendere la logica blockchain, ma anche preservare gli equilibri contrattuali tradizionali. Nel futuro che ci attende, codice e diritto dovranno dialogare sempre più strettamente, perché né l’uno né l’altro bastano da soli a regolare una società complessa.
A cura degli studenti sotto la Facoltà di Giurisprudenza e Ingegneria Informatica