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Blackout dell’intelligenza artificiale: cosa succede quando l’AI di uno studio legale si spegne?

09 July 2025 4 min. lettura

Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale è diventata parte integrante del lavoro negli studi legali: dalla gestione documentale all’assistenza nella redazione di atti, dall’analisi predittiva dei contenziosi fino al supporto nella compliance normativa. Tuttavia, una domanda finora considerata secondaria sta acquisendo improvvisamente centralità: cosa accade quando l’intelligenza artificiale si blocca? 

 

Il primo blackout dell’era legale digitale 

È successo davvero. In uno studio internazionale con sede a Londra, un’interruzione improvvisa del sistema di intelligenza artificiale ha paralizzato per oltre quattro ore le attività di ricerca giurisprudenziale e la gestione automatica delle scadenze. La causa? Un errore nel cloud provider che ospita i modelli AI. Conseguenze? Posticipi, disservizi, e la necessità di tornare, seppur temporaneamente, al lavoro umano tradizionale. Per molti, una doccia fredda. Per altri, un campanello d’allarme. 

 

Quello che i fornitori non vogliono che tu sappia 

Molti dei provider che vendono soluzioni di automazione AI non puntano (solo) sulla qualità tecnica. Hanno imparato dalla guerra del cloud che la vera fonte di profitto è la dipendenza del cliente. In altre parole, non ti stanno vendendo solo intelligenza artificiale. Ti stanno vendendo un lock-in. 

Come ha dichiarato un dirigente intervistato dai ricercatori di Andreessen Horowitz: 

"Tutti i prompt sono stati ottimizzati per OpenAI". 

Quindi, passare a un altro modello diventa tecnicamente difficile, economicamente oneroso e legalmente rischioso. Non è un bug, è il modello di business. 

I fornitori non sono incentivati a creare vie di fuga o standard aperti. Se l’AI smette di funzionare, o se cambia politica commerciale, sei tu come studio legale o impresa a doverne pagare il prezzo. 

 

Dipendenza tecnologica e responsabilità 

Il blackout ha sollevato interrogativi non più rinviabili: 

  • Gli studi legali stanno diventando troppo dipendenti dall’AI? 

  • Chi è responsabile quando un sistema AI smette di funzionare? 

  • I clienti possono reclamare danni per ritardi causati da un’AI malfunzionante? 

 

Da un punto di vista giuridico, lo scenario è complesso. Molti software AI sono forniti da terzi, spesso attraverso contratti SaaS (Software as a Service). Le clausole di limitazione di responsabilità e gli SLA (Service Level Agreement) coprono generalmente l’eventualità di downtime, ma difficilmente prevedono rimborsi per danni indiretti o reputazionali. E sul fronte della responsabilità professionale, l’avvocato resta comunque tenuto a garantire diligenza e tempestività, anche se il suo strumento “intelligente” va in tilt. 

 

Verso una resilienza digitale? 

Il blackout dell’AI legale non è solo un incidente tecnico: è un segnale. Occorre ripensare l’architettura delle attività legali digitalizzate secondo un principio fondamentale: l'affidabilità non può essere delegata alla sola macchina. Serve una nuova cultura della “resilienza tecnologica”: 

  • Piani di backup e soluzioni alternative in caso di interruzioni; 

  • Audit periodici dei sistemi AI e dei fornitori di servizi; 

  • Presidi umani pronti a intervenire in modalità manuale; 

  • Un approccio più ibrido e meno automatizzato, almeno nei settori critici. 

 

Il diritto alla continuità del servizio 

Infine, il tema solleva anche una questione di diritto: il diritto alla continuità operativa. Se un cittadino si affida a uno studio che utilizza strumenti digitali per la gestione della propria pratica, ha diritto a che questi strumenti siano stabili, trasparenti e sorvegliati. Il Regolamento Europeo sull’AI, approvato nel 2024, prevede obblighi precisi in termini di robustezza, tracciabilità e supervisione umana. Ma basteranno? 

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando la professione legale. Ma non è infallibile. Il primo “blackout legale” ci ricorda che il futuro digitale del diritto richiede non solo innovazione, ma anche consapevolezza, controllo e responsabilità. E soprattutto, un piano B. 

 

A cura degli studenti sotto la Facoltà di Giurisprudenza a Ingegneria Informatica 

 

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