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Diritto o algoritmo?

13 August 2025 4 min. lettura

Chi comanda davvero nel mondo digitale, e perché il diritto sta perdendo terreno

 

Non è lo Stato a governare. È il codice. È il profitto.

Chi prende le decisioni importanti oggi?

Non il Parlamento. Non un giudice. Non la legge.

A decidere, ogni giorno, sono codici automatizzati, server remoti e consigli di amministrazione invisibili.

Dietro l’apparente neutralità degli algoritmi, si nasconde il potere delle Big Tech. E dietro le Big Tech, famiglie, fondi e interessi geopolitici.

 

Non è complottismo. È realtà.

 

La tua visibilità su Instagram, il tuo lavoro su Amazon, il tuo video su YouTube: tutto può essere cancellato con un click, e senza spiegazioni.

E quando provi ad opporti, non c’è un giudice, non c’è un tribunale. C’è solo una mail automatica:

“Abbiamo esaminato il tuo reclamo e la nostra decisione è definitiva.”

 

Algoritmi che giudicano, poteri che non rispondono a nessuno

Gli algoritmi non sono neutri.

Sono scritti, ottimizzati, corretti da persone in carne e ossa. Ma chi sono queste persone? Chi le controlla?

Google, Amazon, Meta, Apple, Microsoft…

Dietro questi colossi ci sono holding, lobby, capitali sauditi, cinesi, americani, e pochi gruppi finanziari che posseggono tutto: dati, reti, infrastrutture, contenuti.

 

E il diritto?

Rimane fuori dalla porta.

 

Le leggi arrivano sempre in ritardo.

Nel frattempo, si accumulano miliardi, si influenzano elezioni, si costruiscono “verità” alternative.

E tu, cittadino digitale, diventi solo un prodotto. Tracciato, predetto, indirizzato.

 

Il diritto è ancora una protezione o solo un’illusione?

La Costituzione ti dice che nessuno può toglierti la libertà senza un processo equo.

Ma oggi basta una violazione dei “Termini di servizio” (che nessuno ha mai letto) per sparire dal web.

Basta una segnalazione falsa per perdere credibilità, lavoro, clienti.

E quando protesti?

“Siamo una piattaforma privata, possiamo fare ciò che vogliamo.”

Il diritto sta diventando decorativo, mentre il potere vero si è spostato su logiche opache, economiche, e intoccabili.

 

Le piattaforme sono le nuove autorità: fanno regole, le applicano e giudicano

Facebook decide cos’è vero.

TikTok decide cosa mostrare.

ChatGPT può bloccare contenuti perché “violano le policy”.

Ma chi ha scritto queste policy? In base a quale diritto? Con quale controllo democratico?

 

La risposta è dura:

“Nessun controllo, Nessun diritto. Solo interessi.”

Le piattaforme sono giudici, giurie e boia digitali.

Si comportano come Stati, ma senza Costituzione e senza responsabilità.

 

E se i tuoi dati fossero già nelle mani sbagliate?

Ogni giorno, consegni alle piattaforme:

  • le tue preferenze politiche,
  • le tue emozioni,
  • il tuo volto,
  • le tue debolezze.

 

E chi custodisce questi dati?

Spesso non si sa.

Eppure, da quei dati si generano:

  • previsioni sul tuo comportamento,
  • modelli per venderti qualcosa,
  • sistemi per influenzarti prima ancora che tu sappia di essere influenzato.

 

Questa non è solo manipolazione. È ingegneria sociale sotto mentite spoglie.

 

Dov’è lo Stato? Dov’è la giustizia?

Lo Stato è indietro.

Il diritto è lento, burocratico, formale.

Nel tempo che serve per approvare una legge, una piattaforma ha già cambiato tre volte algoritmo e raccolto milioni di nuove informazioni.

Le autorità pubbliche non hanno le competenze tecniche né l’indipendenza economica per controllare davvero i colossi digitali.

Anche il GDPR, grande conquista europea, è una diga con troppe crepe.

L’AI Act? Una bozza ancora da capire.

E intanto, le regole le scrivono loro: le Big Tech.

 

Il diritto deve svegliarsi. Ora.

Non bastano codici aggiornati. Serve una rivoluzione culturale e politica.

Servono giuristi, avvocati, studiosi, attivisti che non si accontentino di “interpretare il diritto”, ma interroghino il potere.

Bisogna smettere di credere che la tecnologia sia neutra, e iniziare a trattarla come un soggetto giuridico e politico.

Perché finché non sapremo chi decide, perché decide, e con quali limiti, saremo solo pedine digitali in una scacchiera privata.

 

Non basta sapere, bisogna scegliere da che parte stare

Questo articolo non vuole solo informare, vuole provocare:il diriscudodei più deboli, è e, dai dati,

Perché la vera domanda non è più “cos’è giusto?”,

ma:

“Chi lo decide?”

E oggi, non è più lo Stato. Non sei tu. Ma può tornare ad esserlo. Se apri gli occhi.

 

A cura degli studenti sotto la facoltà di Giurisprudenza e Ingegeria Informatica.

 

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