Un sistema ricco ma fragile
L’Italia è un Paese di diritto scritto, erede della tradizione romana e del modello francese. La nostra Costituzione del 1948 è considerata una delle più avanzate al mondo, e i codici civili e penali regolano in dettaglio quasi ogni aspetto della vita sociale.
Eppure, la percezione diffusa è che la legge in Italia funzioni male: troppe norme, troppa burocrazia e tempi infiniti nei tribunali. Non manca il diritto, manca la sua capacità di trasformarsi in giustizia.
Il paradosso normativo: troppe leggi, poca chiarezza
Uno dei problemi storici è l’“inflazione normativa”. Ogni anno il Parlamento e il Governo producono centinaia di leggi, decreti e regolamenti. Questo porta a un sistema ipertrofico, in cui è difficile orientarsi.
Un cittadino che voglia far valere i propri diritti si trova di fronte a norme che spesso si contraddicono, mentre un imprenditore straniero vede l’Italia come un labirinto giuridico. La certezza del diritto è sapere con chiarezza cosa è lecito e cosa no.
La lentezza della giustizia: una ferita aperta
In Italia un processo civile può durare anche dieci anni, e in ambito penale i tempi non sono molto diversi. Questo significa che una vittoria in tribunale rischia di arrivare troppo tardi per essere utile.
La lentezza è dovuta a un carico enorme di cause, a organici giudiziari insufficienti e a procedure ancora troppo complesse. Negli ultimi anni, la digitalizzazione ha introdotto il processo telematico e le udienze da remoto, ma il cambiamento è ancora lento.
Corruzione e criminalità organizzata
Il nostro sistema giuridico deve anche affrontare due problemi endemici: corruzione e mafia.
Le leggi antimafia sono considerate tra le più severe al mondo e hanno prodotto risultati importanti, ma la criminalità organizzata continua a infiltrarsi nell’economia e nella politica. La corruzione, a sua volta, mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e contribuisce a rendere la giustizia percepita come distante e inefficace.
Diritti civili: progressi lenti e faticosi
Rispetto ad altri Paesi europei, l’Italia ha riconosciuto con ritardo molte conquiste civili. Le unioni civili sono arrivate solo nel 2016; il dibattito su cittadinanza agli stranieri nati in Italia, eutanasia e diritti LGBTQ+ è ancora acceso e divisivo.
Il sistema giuridico, in questi ambiti, appare più lento della società stessa, e questo crea un divario tra bisogni reali e risposte normative.
Tecnologia, privacy e intelligenza artificiale
Una delle sfide più moderne riguarda il rapporto tra diritto e innovazione tecnologica. Con il GDPR, l’Italia si è adeguata agli standard europei in materia di privacy e protezione dei dati, ma le sfide non finiscono qui.
La cybersicurezza, i reati informatici e le nuove questioni legate all’intelligenza artificiale richiedono aggiornamenti continui del quadro normativo. La legge deve riuscire a governare un mondo digitale in cui i cambiamenti sono molto più rapidi delle procedure legislative.
Il ruolo dell’Unione Europea
Molte delle leggi più rilevanti oggi nascono a Bruxelles. Dalle norme ambientali al mercato digitale, dalle regole sulla concorrenza al futuro AI Act, l’Italia recepisce direttive e applica regolamenti che arrivano dall’Europa.
Questo garantisce uniformità e standard comuni, ma rischia anche di accentuare la percezione che il diritto nazionale sia debole e frammentato. L’Italia appare spesso più “esecutrice” che “creatrice” di regole.
Ricostruire la fiducia nella legge
Il futuro del diritto in Italia passa da alcune sfide decisive: meno leggi ma più chiare, processi rapidi ed efficienti, tribunali digitalizzati e vicini ai cittadini. Serve anche una cultura della legalità che vada oltre le aule giudiziarie e torni ad essere parte del vivere quotidiano.
La legge italiana, sulla carta, resta tra le più garantiste. Ma finché non riuscirà a tradurre i suoi principi in pratiche concrete e rapide, continuerà ad essere percepita come distante e incompiuta.
A cura degli studenti sotto la facoltà di Giursprudenza e Ingegneria Informatica