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Phica.net: il portale della violenza digitale

12 September 2025 4 min. lettura

1. Background

Phica.net (poi phica.eu) nasce nel 2005 come forum di immagini e contenuti “user generated”. In vent’anni è diventato un vero e proprio hub tossico, dove utenti condividevano foto rubate o manipolate, soprattutto di donne. Non parliamo di un fenomeno underground marginale, ma di un sito attivo per due decenni, con milioni di visualizzazioni e una comunità consolidata. La longevità del portale dimostra come le falle del controllo digitale possano trasformarsi in infrastrutture di violenza online a lungo termine.

 

2. Il problema / la controversia

Il cuore dello scandalo è duplice:

  • Violenza digitale: foto non consensuali, deepfake, materiale intimo pubblicato senza autorizzazione, accompagnato da commenti sessisti e degradanti.
  • Business illecito: il sito non era “amatoriale”, ma un modello economico vero e proprio, con profitti stimati oltre 1 milione di euro, talvolta accompagnati da richieste di denaro alle vittime per rimuovere i contenuti.

In sostanza, Phica ha trasformato la sofferenza delle persone in un modello di profitto, sfruttando il vuoto normativo e l’inerzia delle istituzioni.

 

3. Gli attori coinvolti

  • Gestori e amministratori: italiani con società di comodo (es. Lupotto Srl), in grado di mantenere il sito in vita per anni.
  • Vittime: donne comuni, professioniste e figure pubbliche (anche leader politiche come Giorgia Meloni o Elly Schlein), tutte accomunate dalla perdita di controllo sulla propria immagine digitale.
  • Istituzioni: Polizia Postale, Procure, Garante Privacy, Commissione Europea. Chiamate a intervenire con strumenti ancora lenti e complessi.
  • Società civile e media: hanno avuto un ruolo decisivo solo quando lo scandalo ha toccato volti noti, dimostrando quanto la sensibilità sociale arrivi tardi e in modo selettivo.

 

4. Le misure adottate

Dopo la bufera mediatica, Phica.net è stato oscurato e sono partite indagini sulla struttura societaria e sui responsabili. Le autorità italiane hanno identificato l’amministratore e aperto procedimenti per ipotesi di reato che vanno dalla diffamazione aggravata al trattamento illecito di dati, fino all’estorsione. Tuttavia, la rimozione del sito non cancella il problema: i contenuti sono stati salvati, scaricati, diffusi altrove. È la prova che l’oscuramento è un punto di arrivo tardivo, non una vera misura preventiva.

 

5. Analisi giuridica

  1. Vuoti normativi: il revenge porn è regolato, ma i deepfake o i commenti sessisti degradanti non hanno ancora una tipizzazione univoca.
  2. Responsabilità del provider: Phica dimostra quanto sia difficile colpire i gestori quando usano società estere, domini in cloud, triangolazioni tecniche.
  3. Profili penali: diffamazione, estorsione, violenza privata e trattamento illecito dei dati personali...un mix di norme vecchie applicate a un fenomeno nuovo.
  4. Prospettiva europea: l’assenza di un quadro armonizzato sui deepfake e sulla violenza digitale rende difficile un enforcement rapido.
  5. Dilemma giuridico: libertà di espressione vs tutela della dignità. Phica ha reso evidente che senza bilanciamento serio, la prima diventa scudo per la violenza.

 

6. Implicazioni pratiche

  • Per le vittime: anche dopo la chiusura, il danno è permanente. Screenshot, download e mirror restano online. La dignità violata non si ripristina con un “oscuramento”.
  • Per le istituzioni: casi così diventano banco di prova per capire se lo Stato riesce a reagire a fenomeni digitali rapidi e globali.
  • Per la società: l’esistenza ventennale del sito dimostra una normalizzazione del sessismo digitale. Non è solo un problema tecnico o legale, ma culturale.
  • Per il mercato tech: apre il tema della responsabilità delle infrastrutture (hosting, domini, sistemi di pagamento) che hanno reso possibile il modello di business di Phica.

 

7. Lessons learned

  • Il tempo conta: se aspetti 20 anni per agire, il danno diventa irreversibile.
  • Non basta oscurare: serve un approccio preventivo e multilivello.
  • Educazione e cultura: senza un cambiamento sociale, le norme restano inefficaci.
  • Responsabilità economica: colpire i profitti è più efficace che chiudere siti.
  • Normativa da aggiornare: occorre includere deepfake e molestie digitali nel codice penale, con strumenti ad hoc di rimozione rapida e supporto alle vittime.

 

8. Domanda aperta

Il caso Phica.net ci mette davanti a un interrogativo centrale per giuristi, tecnologi e cittadini:

“Come possiamo prevenire piattaforme costruite sulla violenza digitale, se la rimozione arriva solo quando il danno è ormai irreversibile?”

 

La risposta dipenderà dalla capacità di creare strumenti giuridici e culturali che funzionino ex ante, colpendo non solo il sintomo (il sito), ma l’intero ecosistema che lo sostiene.

 

A cura degli studenti di Giurisprudenza e Ingegneria Informatica

 

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